Un parco giochi per bimbi, un anziano signore seduto sulla panchina con accanto la sua nipotina di sei anni. Non c’è scuola è festa e lui l’ha portata al giardino per farla svagare, sta attraversando un brutto periodo i genitori si stavano separando. Aveva un visetto smunto e due occhi grandi neri, senza separarsi dal nonno lo osservava, accarezzava le sue mani che il peso degli anni avevano segnato, cariche di vene mentre i suoi occhi azzurri come il cielo ancora offrivano mari di racconti. La fatica della vita ,era un peso troppo oneroso sulle sue spalle, gli aveva leggermente incurvito la schiena. Cercava di mascherare quel dolore che in questi giorni negava alla sua unica nipotina un futuro felice. Doveva essere forte per lei, nascondere quel che sarebbe diventata, una bambina diversa, contesa. Come poteva ridare la gioia e il sorriso a questa piccina che aveva visto crescere più di suo figlio, che per lavoro non c’era mai.Lui con i suoi capelli imbiancati dalle fatiche ,dai dolori le era stato sempre vicino, con la sua pazienza le sue care parole, risolvendo ogni cosa senza problemi.Cinzia gridando forte – Nonno mi senti, c’è la mia amichetta vado sull’altalena con lei.- Nonno guardami – e si allontanò di corsa pochi metri.Con la compagna iniziarono a giocare, si alternavano a spingere, ridevano contente. Il nonno non le lasciava mai con lo sguardo era felice di vedere la piccola spensierata e sorridente. Alzò gli occhi al cielo in un grido muto implorò il vento che portasse via i suoi tristi pensieri disperdendoli nel cielo, non riusciva più a sopportare il peso d’una lacrima ne quello d’un respiro, che la sua furia cancellasse tutta la tristezza che provava. La vecchiaia l’aveva reso debole, era stato un leone ma ora questo dolore grande era una muraglia e quel che un tempo era stata la giungla, ora cinta e sempre più stretta era diventata una prigione. Voci ridenti riempivano l’aria, Cinzia nel gioco aveva colorato le gote, che bella che era, avrebbe voluto vederla sempre così ma a lui fra un po sarebbe stato negato, una austera struttura lo aspettava ne aveva sentito parlare a casa, il suo tempo era finito aveva imparato a vivere nei ricordi, chiudeva gli occhi annullando il tempo tornando giovane, ritrovando cosi le orme di vecchie carezze.Si era allontanato dalla realtà a tal punto che era trascorso molto tempo e come destato da svolazzi di uccelli, senti fra le dita i riccioli della bimba che gridava – Nonno, nonno – la testolina appoggiata sul suo petto attenta a seguire i battiti lenti del cuore. Si era fatto un crocchio di gente, mentre nonno e nipotina abbracciati cercavano di capire cosa stava per succedere.Una mercedes nera si fermò nei pressi, ne scese un uomo abbastanza giovane -Papà, papà….il nonno. Un malore, Renato si era sentito mancare ma dai suoi occhi sprizzava l’ardimento di chi non vuole spaventare chi ancora aveva bisogno di lui. Salito nell’ambulanza ebbe la forza di fare un saluto con la mano. La luce rossa intermittente del veicolo e il lacerante grido della sirena…. furono inghiottiti dalla notte che stava per giungere.
Mirella Narducci
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