In questo pomeriggio festivo senza ansia, una sigaretta a metà, col tempo che non mette bene….penso a lui. Ricordo tutti quei pomeriggi uggiosi passati insieme a raccontarci di noi con la semplicità e la pazienza di capire i nostri bisogni, i nostri desideri. Cercare quel calore che ci teneva uniti e ci faceva sentire l’uno per l’altro, quella certezza di appartenersi anche nei silenzi. Increduli sapere di essere una cosa soltanto, come una nota che nell’animo dell’altro risuona dello stesso suono. Mi guardavi intensamente volevi scoprire nell’oscurità della mia mente se c’era un emozione che ti avrebbe fatto felice, ma le mie emozioni trovavano rifugio nel corpo che ermetico non rivelava sensazioni che potevano esprimere amore, gioia. Cosciente del mio volontario oscuramento dei sensi, davo l’impressione di non essere me stessa. Paura che si leggesse la mia debolezza o la tentazione beatificante di volerti, di abbandonarmi indifesa alla tua sensualità. Timore il mio… chissà, subivo il fascino occulto e incomprensibile del tuo essere uomo, così prepotente, brillante…avrei potuto illuminarmi della tua luce invece mi rannicchiavo nel mio guscio allontanandomi dalla sfera calda dei tuoi sentimenti e sentirmi così protetta. Vorrei tornare a quei pomeriggi e abbattere quell’intervallo fra le parole per non farlo diventare un abisso che ci allontanava e ci costringeva ad una clausura dove non esiste amore.I ricordi cominciavano ad appassire tranne uno, quando mi stringevi protettivo, il tuo odore familiare non era sensualità era qualcosa che gemeva come il vento o piangeva come un bambino era la paura di perdermi, traspariva dai tuoi sensi, era allora che mi accucciavo fra le tue braccia donandoti tutta la dolcezza del mio corpo e con un povero sorriso tentavo di dirti quanto ti amavo. Obliosa pensavo a quel desiderio grande che doveva avverarsi ma che si rivelò una lieve malinconia, ancora oggi nel fumo di una sigaretta si dissolve.
Mirella Narducci
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