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CRONACA DI UN CRIMINE

II telefono suonò poco prima della mezzanotte. Il dottor Davide Mari e sua moglie Claudia stavano dormendo. Aveva cominciato a soffiare un vento teso, freddo, piovigginava. La donna dormiva sdraiata sul fianco sinistro. Ci vollero tre squilli prima che aprisse gli occhi. Suo marito russava.” Davide svegliati stai russando troppo forte, squilla anche il telefono rispondi. Claudia si infilò sotto le coperte, un attimo e già aveva ripreso a dormire.Lui medico era abituato a queste chiamate urgenti, ma questa notte pioveva e faceva un freddo cane. La chiamata veniva dalla casa più bella e antica dell’abitato, si trovava alla periferia nord dove le case si diradavano e si intravedeva il bosco. Il medico prese tutto il necessario, la sua borsa, diede un bacio alla moglie già nel mondo dei sogni si coprì bene, prese la macchina e partì con qualche difficoltà. La voce che lo aveva chiamato era della contessa Valentain, una anziana signora di 89 anni non le sembrò ne spaventata ne agitata solo lo invitava ad affrettarsi perché era successa una cosa orrenda. Il cancello si aprì ,sulla porta d’ingresso la contessa con su uno scialle, e un viso di cera, senza neanche un saluto lo condusse in una delle tante stanze. – E’ qui – disse – è mia nipote -, accese una luce fioca…da subito non vedevo nulla, poi con l’aiuto di un altra lampada mi si presentò uno spettacolo alquanto strano. Una donna molto bella, con un viso da bambina eterea, completamente nuda con dei seni bianchi acerbi, un corpo esile dall’incarnato che contrastava con il nero corvino dei capelli, era sdraiata in terra. Ciò che sorprendeva erano i lunghi guanti neri fino al gomito, impressionante la somiglianza ad un ritratto sulla parete, dove dipinta c’era una figura femminile anch’essa nuda con le braccia coperte da guanti neri. Nessun segno di violenza, ne sangue, respirava lentamente. I suoi occhi profondi in un viso troppo piccolo nascondevano misteri inviolabili. Dalla prima osservazione e dalle spiegazioni della nonna, pensai che la ragazza soffrisse di turbe cerebrali, praticamente aveva attacchi di pazzia. Coperte le sue nudità da una camicia la sistemai sul letto, le feci una puntura, un sedativo per calmare i tremori che scuotevano il suo corpicino. Dissi alla contessa che sarebbe stato il caso di portarla all’ospedale e se aveva per il momento qualcuno che poteva starle vicino. La signora esitò poi sottovoce mi disse che c’era il genero che ora sicuramente dormiva .Non posso fare altro le dissi, mi stavo congedando, mentre percorrevo un corridoio che portava all’uscita della casa, vidi una macchia di sangue che usciva da sotto una porta, chiesi di chi era la camera. Rispose -di Freddy mio genero- La aprii immediatamente e un uomo sulla cinquantina era in una pozza di sangue riverso con la faccia in giù. Gridai alla contessa che annaspava in quel dedalo di corridoi -Chiami la polizia – Il quadro mi apparse chiaro tre persone una giovane fanciulla, un uomo e una anziana signora. Fu presentimento, il mio mi precipitai dove avevamo lasciato la ragazza, non c’era più. I guanti che portava senza ombra di dubbio li aveva messi per uccidere, con le mani inguainate aveva potuto vendicare forse un offesa, un onta rimasta impunita. Il denudarsi la faceva somigliare ad una dea purificatrice, emulatrice forse delle gesta di quella antenata che le somigliava tanto!? Chissà la sua mente malata cosa le imponeva di fare. Corsi nel bosco, mi raggiunse anche la polizia, la trovammo sempre nuda con i guanti neri, aveva uno sguardo di fuoco, pallida, sospirava e singhiozzava, le tremavano le labbra, chissà quante pene le scuotevano il petto. Mentre la portavano via, gridava – Non è mio padre – Non è mio padre -La follia l’aveva fatta sua prigioniera, anche se si era liberata del suo aguzzino il padre, che l’aveva tante volte violentata, abusando di lei senza che mai nessuno le venisse in aiuto. Davide tornò a casa, l’accaduto lo aveva sconvolto. Si era imbattuto in quei mali oscuri che portano alla perdizione, vedere una giovane cosi dolce tramutarsi in assassina lo faceva star male. Era già mattina inoltrata, trovò sul tavolo un biglietto della moglie “sono a fare la spesa”. Tutto intorno a lui era normale, si fece un caffè forte, la routine dei soliti giorni riprese come se niente fosse accaduto. Si sdraiò sul divano e si addormentò.

Mirella   Narducci

Published inracconti

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